COPPETTA MESTRUALE: PER “LE MIE COSE” USO LA COPPETTA

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Le coppette mestruali riutilizzabili sono sicure ed efficaci per le donne e le ragazze come assorbenti e tamponi, secondo la prima revisione sistematica e metanalisi sul prodotto publicata da The Lancet Public Health. L’analisi ha incluso dati di 3.300 ragazze e donne in 43 studi a livello mondiale, di cui sette studi su giovani ragazze che frequentano ancora la scuola in paesi a basso e medio reddito.

A livello globale, circa 1,9 miliardi di donne – circa il 26% della popolazione – erano in età mestruale nel 2017, per un totale di 65 giorni in media con la presenza del flusso mestruale nell’arco dell’anno (UN Population Division,2019).

Non sono molte le soluzioni fruibili durante il flusso mestruale; inoltre, l’ignoranza, i pregiudizi, i costi e i timori sulla sicurezza possono impedire alle ragazze e alle donne di testare l’intera gamma di prodotti disponibili. Circa la metá delle ragazze e delle donne in tutto il mondo non ha la possibilitá di acquistare dispositivi sanitari per cui spesso devono ricorrere all’uso di pezzi di vestiti, fasci d’erba, foglie o pelle d’animale che possono avere delle conseguenze sulla salute  come infezioni. È stato dimostrato che l’uso di materiali di scarsa qualità predispone le donne ad un aumentato rischio di infezioni urogenitali compresa la vaginosi batterica (Das P. Et al. 2015).

In alcune situazioni, le mestruazioni possono influenzare l’istruzione delle ragazze con l’assenza da scuola: secondo una ricerca effettuata dalla Tanzania Water and Sanitation Network il 16% delle ragazze durante il loro ciclo mestruale non frequenta la scuola. Questo puó sembrare solo un problema di “paesi in via di sviluppo” ma non é cosí: in Inghilterra nel 2017, un’indagine su un campione di 1000 ragazze e giovani donne tra 14 e 21 anni ha evidenziato che il 49% non va a scuola durante il periodo mestruale per almeno un giorno e si inventa una scusa, il 71% prova imbarazzo ad acquistare prodotti sanitari e il 10% non puó permettersi di comprare assorbenti (Plan International UK, 2017). Pur essendo un fatto biologico naturale, le mestruazioni vengono ancora considerate un tabú o un argomento da cui, preferibilmente, asternersi. Negli ultimi anni é stato coniato il termine di “Period Poverty”, che si definisce come l’impossibilitá economica di poter accedere ad un’igiene adeguata durante tutto il periodo mestruale attraverso appositi dispositivi sanitari (Global citizen, period poverty). La questione é tutt’altro che banale: le mestruazioni in alcuni casi rendono le donne e le ragazze un bersaglio di violenza sessuale o coercizione, e influenzano l’occupazione e le esperienze lavorative delle donne. Gli esempi sono tanti: donne rinchiuse in capanne isolate esposte alle intemperie e alle bestie, bambine e ragazze alle quali é impedito di andare a scuola per tutto il periodo di sanguinamento, donne che non possono andare a lavorare o parlare con gli uomini.

“È necessaria una scelta più ampia di prodotti per il ciclo mestruale, in particolare per i prodotti più ecologici rispetto agli assorbenti e ai tamponi monouso” ha affermato Helen Weiss, professoressa di epidemiologia presso la London School of Hygiene and Tropical Medicine. “Questo studio è il primo ad esaminare sistematicamente le esperienze di utilizzo delle coppette in termini di perdite, costi e sicurezza, e ha dimostrato che sono un’alternativa efficace e sicura ad altri prodotti usati”, ha aggiunto.

Le coppette mestruali hanno una lunga storia ma non sono molto conosciute. Possono contenere 10-38 ml di fluido. Ogni 4-12 ore le coppette devono essere svuotate e pulite e possono durare fino a un decennio. Sono composte di silicone, gomma o lattice di natura medica e ne esistono di due tipi, coppetta vaginale e cervicale. Sono spesso annunciate come un’alternativa ecologica, economica, sicura e sostenibile agli assorbenti e ai tamponi in quanto possono essere utilizzati più volte e potrebbero essere una buona soluzione per le donne nei paesi in via di sviluppo.

La ricerca ha evidenziato che non vi è un aumento del rischio di infezione associato all’uso delle coppette mestruali tra donne e ragazze europee, nord americane e africane (Beksinska ME et al. 2015). In piú una riduzione di candidosi é stata riportata con l’uso delle coppette mestruali in due studi che investigavano su questo tipo specifico d’infezione. Un altro studio durato 9 mesi, condotto in Kenya, ha riportato una prevalenza minore di vaginosi batterica tra le donne e ragazze che utilizzano coppette mestruali in comparazione con l’utilizzo di prodotti monouso (Phillips-Howard PA  et al. 2016).

Un altro fattore da considerare è come l’educazione influisce nell’uso continuativo del prodotto in questione. La ricerca ha dimostrato che il 70% delle donne continuano a usarle una volta che apprendono il meccanismo. Nonostante inizialmente alcune donne o ragazze esprimevano preoccupazione sul possibile dolore o danni riproduttivi (per esempio come infertilitá), tutti gli studi analizzati hanno dimostrato che la familiarizzazione con il prodotto avviene con tempo, pratica, aiuto di altre donne e formazione specifica. Tutti questi sono elementi chiave del successo della coppetta[1],[2],[3]. Nello specifico in paesi a basso e medio reddito la curva di apprendimento dura dai 2 ai 5 mesi.

I risultati officiali riferiscono che l’uso della coppetta mestruale puó ridurre drasticamente il costo dei prodotti monouso e del sapone per il lavaggio di altri mezzi usati in paesi in via di sviluppo come stoffe e tessuti. In media, una coppetta mestruale costa il 7% del prezzo di 12 tamponi o assorbenti e ha un costo di 23 $ dollari. 

In Italia le donne ad utilizzare assorbenti sono 21 milioni, ogni anno sono venduti 2,6 miliardi di assorbenti[4]. Ogni donna consuma, nel corso della vita, almeno 12.000 assorbenti (tra interni ed esterni), considerando che un ciclo dura in media dai 3 ai 5 giorni e l’assorbente si cambia in media 4 volte al giorno. La spesa annuale per ciascuna é di 126,88 euro, considerando che in media una confezione di 14 pezzi costa 4 euro (e non stiamo considerando i diversi costi di tutti i tipi di assorbenti necessari come assorbenti notte, per alti flussi, tamponi o salvaslip di cui una donna ha bisogno per ogni ciclo e che triplica la spesa). Dei suddetti 126,88 euro, 22,8 euro costituiscono l’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA). Nel 2006 il Consiglio d’Europa ha emesso una direttiva che ha concesso agli stati menmbri di tassare con imposta ridotta i prodotti di igiene femminile, in particolare assorbenti e coppette mestruali. Pochi paesi hanno colto l’occasione e l’Italia non é fra questi (Belgio 6%, Francia5,5%, Irlanda 0%, Olanda 6%, Regno Unito 5%, Spagna 4%). 

In Italia esistono tre aliquote in vigore:

  • 4% (minima) per i beni considerati di prima necessitá
  • 10% (ridotta) applicata ai servizi turistici, a determinati prodotti alimentari e particolari operazioni di recupero edilizio)
  • 22% (ordinaria) per beni non considerati di prima necessitá e che comunque non rientrano nelle precedenti sezioni.

I prodotti mestruali hanno un’IVA del 22%. Ne deriva che l’utilizzo degli assorbenti, tamponi e coppette sia una sorta di lusso, non uno strumento di prima necessitá[5]. La questione d’igiene femminile é anche una questione di politica sociale e sanitaria per cui le politiche sociali dovrebbero andare incontro alle esigenze e diversitá di ogni donna intesa nella sua globalitá, con opzioni piú ecologiche e diversificate, considerando la situazione economica, la vita familiare e lavorativa, le preferenze rispetto all’igiene intima personale.

Concludendo, la revisione sistematica e metanalisi suggerisce che le coppette mestruali possono essere un’opzione accettabile e sicura per l’igiene mestruale nei paesi a elevato, medio e basso reddito, ma non sono ben note. I risultati possono informare i responsabili delle politiche e programmi sanitari che le coppette mestruali sono un’alternativa ai prodotti sanitari monouso, anche dove le strutture idriche e igieniche sono scarse. Tuttavia, potrebbe essere necessaria maggiore formazione, ricerca e follow-up sull’uso corretto. Sono necessari ulteriori studi sull’efficacia dei costi e sull’impatto ambientale confrontando diversi prodotti. Inoltre bisognerebbe avere un sistema di monitoraggio in atto per documentare eventuali reazioni avverse.

Alcuni elementi rimangono ancora in sospeso in questa ricerca come per esempio la privacy, visto come un problema da molte intervistate, durante il lavaggio della coppetta mestruale e l’accesso delle clienti all’acquisto del prodotto in alcuni paesi del mondo, soprattutto in paesi a basso o medio reddito.

Amika George, una famosa e premiata attivista nel tema disse: “Sogno un giorno in cui tutte le ragazze e donne possano liberare il tampone dall’interno delle loro maniche e agitarlo in aria mentre si dirigono verso il bagno. Sogno anche di un giorno in cui non una sola ragazza al mondo perderà un solo giorno di educazione solo perché é nata con un utero”.

Francesca Palestra


[1] Mason L, Laserson K, Oruko K, et al. Adolescent schoolgirls’ experiences of menstrual cups and pads in rural western Kenya: a qualitative study. Waterlines 2015; 34: 15–30

[2] Care International in Uganda. Ruby cups: girls in Imvepi refugee settlement taking control. Kampala: CARE International in Uganda. 2018. (accessed July 8, 2019).

[3] Sundqvist J. A cup of freedom?: A study of menstrual cup’s impact on girls’ capabilities. Independent thesis Basic Level, Linnaeus University, 2015. (accessed June 20, 2019).

[4] Milena Gabanelli, Corriere della Sera 18/04/2018

[5] Baglietto Elenea, Basso Letizia, Borri Matilde, Orlando Sara, Piermaria Giulia. Period Poverty. Lavoro elaborato da delle studentesse del corso di Laurea Magistrale in Programmazione e Gestione delle Politiche per la Salute Globale dell’Universitá Bicocca, 2019.

One Reply to “COPPETTA MESTRUALE: PER “LE MIE COSE” USO LA COPPETTA”

  1. Complimenti,
    Un’analisi sintetica ed efficace, che pone il problema in primo piano, qualora fosse necessario, da un punto di vista educativo, culturale ed economico. Spesso si tende a pensare che certe tematiche siano proprie di paesi a basso reddito, ma questa ricerca testimonia che non è così.

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