RIFT VALLEY FEVER: NUOVO RISCHIO EPIDEMIOLOGICO PER LE DONNE IN STATO DI GRAVIDANZA

Secondo gli ultimi risultati, il virus della Rift Valley Fever può colpire gravemente il feto se contratto dalle madri durante la gravidanza.

In uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances, i ricercatori hanno mostrato che il virus è potenzialmente più dannoso per i feti rispetto al famoso virus Zika, che ha provocato una crisi globale nel 2015, lasciando migliaia di bambini in America centrale e Sud America con gravi difetti alla nascita.

La Rift Valley Fever è una zoonosi virale trasmessa dalle zanzare, che colpisce soprattutto gli animali ma infetta anche l’uomo.

Il serbatoio del virus è rappresentato dal bestiame o da animali selvatici che vivono in prossimità degli insediamenti umani. Più precisamente, nell’Africa sub-sahariana, i focolai causano il 90-100 % degli aborti spontanei nelle vacche gravide da allevamento.

Mentre, la maggior parte dei casi nell’uomo sono relativamente miti, una percentuale di pazienti sviluppa una forma molto più grave di malattia che si manifesta con una o più di tre distinte sindromi: malattia oculare, meningoencefalite e febbre emorragica virale.

La Rift Valley Fever è frequente in Africa, ma si stanno diffondendo focolai verso l’Arabia Saudita e Yemen – nel 2000, un’epidemia in Arabia Saudita ha contagiato oltre 100.000 persone e provocato almeno 700 morti.

“Il cambiamento climatico può cambiare il modo in cui si diffonderanno le malattie infettive emergenti”, ha affermato il DR. Hartman. “Quando le popolazioni di zanzare si muovono e cambiano, esiste un rischio potenziale che dei virus o altri agenti patogeni si diffondano oltre i normali confini”.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito la malattia come potenziale emergenza sanitaria, soprattutto poiché non esistono ad oggi trattamenti specifici e vaccini preventivi.

La malattia è ancora difficilmente diagnosticabile e fino ad oggi sono stati documentati due casi di infezione fetale: un neonato ha sviluppato ingrossamento del fegato e della milza, mentre il secondo è deceduto entro la prima settimana di vita.

La ricerca ha condotto gli studi con topi da laboratorio: il 65% dei cuccioli nati da madri infette dal virus è morto. I topi in stato di gravidanza contagiati dal virus erano anche più suscettibili alla morte rispetto ai ratti non gravidi.

Ciò che sorprende è che la placenta delle madri infette, ha una viremia nettamente superiore a qualsiasi altro tessuto del corpo – anche maggiore del fegato, dove il danno tessutale è osservabile.

I test sul tessuto placentare umano hanno rivelato che, a differenza del virus Zika, il virus della Rift Valley Fever ha un potenziale infettivo unico per lo strato specializzato di cellule che supporta la regione della placenta in cui confluiscono i nutrienti.

La Coalition for Epidemic Preparedness Innovations  si è impegnata per attivare proposte per lo sviluppo di vaccini umani contro la febbre della Rift Valley.

“Abbiamo bisogno di più ricerche sull’epidemiologia, quali conseguenze cliniche è in grado di provocare il virus e come prevenire la sua trasmissione “, ha affermato la dott.ssa McMillen dello studio di ricerca. “Il virus potrebbe diffondersi al di là dei suoi odierni confini, quindi la consapevolezza è estremamente necessaria se vogliamo evitare una crisi.”

 

B.F.

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