VIOLENZA DI GENERE: LA PANDEMIA COVID-19 FA EMERGERE LE DEBOLEZZE DELL’ITALIA

La violenza di genere è un fenomeno complesso in cui rientrano tutti gli atti di violenza fondati sul genere che comportino o possano comportare per la donna danno o sofferenza fisica, economica, psicologica o sessuale, includendo la minaccia di questi atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata.

Con il termine “genere” ci si riferisce a ruoli, comportamenti e attività che una determinata società considera appropriati per donne e uomini.
Di conseguenza, con l’espressione “violenza contro le donne basata sul genere” si designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato.

In Europa, la Convenzione di Istanbul – Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica – impone ai governi segnatari di combattere la violenza di genere in ogni sua forma e mettere in atto misure adeguate per prevenirla e per proteggerne le vittime. Inoltre, firmando la Convenzione gli stati si impegnano di raccoglierne adeguatamente i dati e supportare la ricerca per indagarne le cause e le conseguenze e valutare costantemente l’efficacia delle misure implementate per combatterla.

La violenza di genere è riconosciuta a livello globale come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, nonché un problema globale di salute pubblica di proporzioni epidemiche con frequenze preoccupanti in ogni continente.
Una donna su tre è vittima di violenza nel mondo, una su quattro in Europa. In Italia, il 31.5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito violenza da parte del partner, dell’ex partner o di altri uomini, mentre i casi di femminicidi registrati nel 2019 in Italia sono stati 92.

Nel 2020 si è assistito ad un incremento della violenza di genere a livello globale, dovuto all’isolamento nelle proprie abitazioni e all’esposizione a difficoltà economiche e sociali legate alla pandemia di COVID-19.

Dai dati di 58 centri antiviolenza della rete D.i.Re “Donne in Rete contro la violenza”, l’associazione che racchiude più di 80 centri antiviolenza sparsi sul territorio italiano, i contatti telefonici durante il lockdown di marzo e aprile 2020 sono aumentati. Il confronto con gli stessi mesi negli anni precedenti evidenzia che tale incremento è dovuto ad un aumento di chiamate da parte delle donne che avevano già contattato i centri D.i.Re in passato, ossia alle donne vittima di violenza ripetuta.

I dati pubblicati da ISTAT indicano un aumento del 59% delle chiamate per le vittime di violenza tra il 1 ° marzo e il 16 aprile 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019, di cui il 93,2% effettuate da donne con già una storia pregressa di violenza.

Per far fronte a questo fenomeno globale, Canada e Francia hanno supportato i centri antiviolenza con fondi appositi; Cina, Spagna e Regno Unito hanno creato e diffuso linee guida specifiche per la violenza di genere; il Cile invece ha puntato sulla prevenzione sviluppando e diffondendo materiali cartacei ed informatici. Anche in Argentina, Francia e Spagna sono state messe in atto delle campagne per informative e per il supporto delle vittime nelle farmacie e nei supermercati. In Argentina, Portogallo, Francia e Spagna le linee telefoniche esistenti sono state rinforzate e sono state attivati nuovi servizi tramite app come Whastapp.
In Italia, nonostante le campagne informative e di supporto, a livello di finanziamenti si è assistito all’esclusivo sblocco di fondi già stanziati nel 2019.

Nonostante la volontà di prevenire e combattere la violenza domestica e la discriminazione di genere (come attestato dalle modifiche del codice penale apportate con la legge 69/2019, la quale prevede pene più severe per i reati di violenza domestica, sessuale, di genere ed atti persecutori o stalking), il 2 ottobre 2020 la Corte di Strasburgo si è mostrata preoccupata per l’elevato tasso di procedure giuridiche per violenza domestica prosciolte in Italia a cui chiede l’attuazione completa della Convenzione di Istanbul.

La mancanza di un sistema completo di raccolta dati, l’assenza di una comunicazione e di un coordinamento nazionale, l’inefficace copertura e capacità dei servizi dedicati dovranno essere risolti entro il 31 marzo 2021, data entro la quale il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha chiesto all’Italia “informazioni sulle misure adottate o previste per garantire un’adeguata ed efficace valutazione e gestione del rischio”.

Come emerge nel viewpoint Gender-based violence during the COVID-19 pandemic response in Italy pubblicato su Journal of Global Health, la violenza di genere essendo un problema strutturale radicato spesso nella cultura patriarcale, può essere contrastata solo attraverso azioni politiche di sanità pubblica coordinata, intersettoriale, e focalizzata alla promozione ed il rispetto dei diritti umani e al supporto delle vittime indipendentemente dalla pandemia di COVID-19.

Ilaria Mariani, Benedetta Armocida

Grevio, Baseline Evaluation Report, Italy

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