OISG

Una delle azioni principali dell’OISG  è stata la periodica pubblicazione di rapporti sulla salute globale (il primo nel 2004, l’ultimo nel 2013). Dopo aver dato vita a molteplici iniziative nazionali in tema di salute globale (come ad esempio la Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale) che ne hanno raccolto il testimone, l’OISG nel 2016 ha deciso di disciogliersi. Date le sue origini, nell’area Biblioteca il sito conserverà i principali documenti prodotti dall’OISG nei suoi dieci anni di vita. Qui di seguito si riporta integralmente il testo con cui l’OISG si presentó al pubblico sul suo sito nel 2002.  

Salute: diritto fondamentale, obiettivo globale

Nell’immediato dopoguerra l’Umanità aveva riconosciuto che per costruire la Pace e il comune progresso, era necessario perseguire una maggiore giustizia tra i popoli e realizzare i principi solennemente enunciati nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Tra questi, anche il diritto alla salute. Salute, dunque, come diritto umano fondamentale, e l’accesso al più alto livello possibile di salute come obiettivo da perseguire a vantaggio di tutta l’umanità. Ad Alma Ata, nel 1978, tutti i Governi del mondo sottoscrissero una solenne dichiarazione, impegnandosi per l’obiettivo “Salute per tutti entro il 2000” e riconoscendo nella soddisfazione prioritaria dei bisogni di base la strategia per raggiungerlo. Ma il percorso verso una maggiore giustizia e verso una globalizzazione dei diritti sembra essersi interrotto, sostituito dal prevalere assoluto del profitto e della globalizzazione del mercato. In tal modo, le disuguaglianze in salute continuano ad approfondirsi nonostante abbiano già raggiunto un’ampiezza mai vista prima.

L’obiettivo mancato

Negli anni ’90 le istituzioni finanziarie internazionali, Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale (FMI) in testa, hanno di fatto sostituito l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nell’indicare – e in certi casi imporre – linee di politica sanitaria internazionale basate su una filosofia che considera la salute una variabile dipendente della crescita economica. Nei Paesi poveri, condizionando il credito all’applicazione di Piani di Aggiustamento Strutturale caratterizzati da liberalizzazione del commercio, taglio della spesa sociale e privatizzazione dei servizi, Banca Mondiale e FMI hanno di fatto promosso lo smantellamento dei sistemi sanitari. Nel 2000, in un documento congiunto, ONU, OCSE, FMI e Banca Mondiale (“A better world for all”) hanno riconosciuto il sostanziale “fallimento nell’affrontare le iniquità di reddito, educazione e accesso alle cure sanitarie e le disuguaglianze tra uomini e donne, [nonché] i limiti imposti ai paesi in via di sviluppo e, a volte, le incoerenze nelle politiche dei donatori che impediscono un progresso più veloce”. Gli eventi seguiti all’11 settembre 2001, compresa la crisi argentina, devono far riflettere sull’insostenibilità di un modello che continua ad esacerbare le disuguaglianze. Nel “villaggio globale”, il collasso sociale di una parte del mondo interessa inevitabilmente il mondo intero.

Economia e salute

La relazione esistente tra la condizione di povertà e lo stato di malattia è da sempre riconosciuta. Secondo il pensiero economico prevalente, la crescita economica da sola, migliorando il reddito complessivo, sarebbe in grado di influenzare positivamente lo stato di salute della popolazione, che sarebbe dunque un prodotto collaterale del migliorato contesto macro-economico. Oggi, senza mettere in discussione il modello di sviluppo fondato sulla crescita economica, si riconosce la necessità di indirizzi e strategie per una più mirata lotta alla povertà. In questo contesto si inizia a riconoscere che l’investimento in salute può rappresentare uno strumento per la lotta alla povertà e un requisito per perseguire la prosperità, come emerge anche dal recente rapporto della “Commissione Macroeconomia e Salute” dell’OMS, che potrebbe rappresentare il segnale di una maggiore attenzione alle relazioni esistenti tra salute e dinamiche economiche. Appare ancora debole però il dibattito sulle cause che innescano il circolo vizioso povertà – malattia – povertà, né si fa piena luce sul ruolo che in tal senso hanno giocato e giocano le politiche promosse a livello internazionale ed il processo di globalizzazione. Sono ancora poche le sedi, e raramente istituzionali, in cui la salute è riconosciuta come un obiettivo in sé – e, ne siamo convinti, uno dei principali – dello sviluppo. Riconoscerlo obbligherebbe ad orientare le politiche e gli interventi in ogni settore verso la promozione e la difesa della salute, valutando quindi i risultati di quelle scelte anche in termini di miglioramento dello stato di salute della popolazione ed evitando, di conseguenza, misure ed interventi che sulla salute potrebbero avere un impatto negativo.

I nuovi ambiti del governo globale della salute

Con la salute intesa come bene di consumo, le politiche sanitarie sono divenute oggetto di negoziati nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, nonché tra governi e imprese multinazionali. Le grandi multinazionali e le grandi concentrazioni finanziarie esercitano un’influenza crescente sull’economia globale, condizionando sempre più anche le scelte in campo sanitario – fino a mettere in discussione l’esistenza stessa dei servizi sanitari nazionali – in assenza di un controllo democratico e senza una visione dell’interesse comune. Parallelamente, in questi ultimi anni, si è assistito alla delegittimazione del sistema della Nazioni Unite, che – nonostante i suoi noti limiti e la necessità di una riforma in senso democratico – rimane l’unico ambito globale legittimato a rappresentare i popoli del mondo. La partecipazione dei grandi gruppi economici all’indirizzo e alla gestione globale della salute pubblica, secondo il modello che si sta affermando delle partnership globali pubblico-privato, rischia di alimentare quel processo di delegittimazione ed è funzionale al progetto di spostare la salute dalla sfera dei “diritti” a quella dei “beni di consumo”.

Il nostro impegno

Insieme a molti altri operatori della sanità – medici, ricercatori, docenti universitari e rappresentanti del volontariato – nella primavera del 2001 abbiamo sottoscritto la “Dichiarazione di Erice”, in cui si fa il punto sulla drammaticità e su alcune delle cause della situazione della salute a livello globale, rivolgendoci alla società civile e alla comunità scientifica per affermare, tra l’altro: la necessità di diffondere consapevolezza delle disuguaglianze esistenti e delle cause che le hanno prodotte, dei meccanismi che le alimentano e le aggravano; il diritto-dovere di pretendere la massima partecipazione della cittadinanza alle scelte inerenti la salute di tutti; il dovere della comunità scientifica di affrontare in modo diffuso e sistematico i temi dell’equità, dello sviluppo sostenibile, della difesa della dignità e della vita degli uomini; la necessità di studi approfonditi, di valutazioni indipendenti, di una trasmissione estesa delle informazioni e delle conoscenze.

Con l’obiettivo di promuovere il diritto alla salute a livello globale e di fornire a istituzioni, enti, organizzazioni della società civile e a tutti i soggetti interessati strumenti di analisi e valutazione utili alla definizione di appropriate strategie ed azioni, oggi diamo seguito a quella dichiarazione con la costituzione dell’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale.

Gli obiettivi e le attività dell’Osservatorio

L’Osservatorio si propone come spazio di riflessione e ricerca su questi temi, contribuendo al confronto tra le competenze esistenti oggi in Italia in tema di salute globale e lavorando per un’analisi indipendente del processo di globalizzazione e dei suoi effetti sulla salute, a supporto delle decisioni e delle azioni concrete che si vogliano intraprendere per la salute dell’umanità. L’Osservatorio raccoglierà e valuterà informazioni e conoscenze relative allo stato di salute nel mondo e ai suoi determinanti politici, sociali, economici e ambientali. Individuerà e approfondirà i rapporti tra globalizazione e salute in termini – tra l’altro – di equità, diritti umani, sostenibilità e relazioni internazionali. Metterà documenti e rapporti a disposizione di istituzioni, gruppi professionali e organismi non governativi, con particolare riguardo per quanti sono impegnati in attività di formazione. Dato il ruolo che il nostro Paese può giocare nello scenario internazionale direttamente o come membro dell’Unione Europea, l’Osservatorio intende seguire con particolare attenzione le iniziative italiane, a partire da quelle istituzionali.

I sostenitori dell’Osservatorio

Per poter meglio servire come strumento di conoscenza ed approfondimento, l’Osservatorio, cui partecipano ad esclusivo titolo individuale operatori e ricercatori di competenza internazionalmente riconosciuta, intende fare riferimento ad una vasta rete di sostenitori – individui ed organizzazioni – che ne stimolino l’attività e, quindi, ne utilizzino i risultati per le loro iniziative. Almeno una volta all’anno l’Osservatorio convocherà i propri sostenitori a fini di consultazione e informazione sulle proprie attività. Quella sarà anche l’occasione per la presentazione del proprio Rapporto annuale, momento centrale di una più vasta produzione di documentazione a carattere scientifico e divulgativo, nonché del contributo ad iniziative di formazione e di ricerca, in cui l’Osservatorio intende progressivamente impegnarsi.

I fondatori dell’OISG

Giovanni Berlinguer , Maurizio Bonati, Adriano Cattaneo, Sunil Deepak, Nicoletta Dentico, Gavino Maciocco, Eduardo Missoni, Sofia Quintero Romero, Angelo Stefanini, Giorgio Tamburlini, Giovanni Tognoni
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