OGM: NEI SUPERMERCATI AMERICANI LE PRIME MELE DA LABORATORIO

10 novembre – Il sito Nature ha pubblicato nei giorni scorsi un articolo relativo alla commercializzazione di mele modificate geneticamente negli Stati Uniti centro occidentali.

La mela artica – modificata affinché la polpa non annerisca quando esposta all’aria – è uno dei primi cibi geneticamente modificato (OGM), venduto come singolo prodotto, per soddisfare le esigenze dei consumatori.

Dal 2003, anno in cui la società canadese di biotecnologia agricola Okanagan Speciality Fruits Inc (OSF) ha piantato in laboratorio la prima varietà di mele modificate geneticamente, sono stati diversi i prodotti modificati con ingegneria genetica. Hamburger senza carne, prodotti con proteine della soia ottenuta da lieviti ricombinati, filetti di pesce prodotti da cellule staminali, funghi i cui genomi sono stati modificati con tecnologia CRISPR. La maggior parte di questi prodotti non ha mai raggiunto il mercato ed è per questo che la commercializzazione della mela artica assume un significato rilevante.

“Se la mela si venderà, aprirà la strada per gli altri”, spiega Yinong Yang, patologo presso la Pennsylvania State University di University Park, che ha utilizzato la tecnologia CRISPR per rimuovere una piccola sequenza di basi del DNA di un fungo Champignon, affinché mantenesse a lungo il colore bianco, senza annerire.

Mary Maxon, che sovrintende i programmi di bioscienze al Lawrence Berkeley National Laboratory della California, è d’accordo. “La mela non è il primo OGM che la gente dovrebbe mangiare, ma è il primo che i consumatori possono valorizzare”dice.

Le ricerche condotte da OSF hanno rivelato che circa il 20% delle persone era preoccupato per gli OGM, ma che molti avevano  cambiato idea dopo esser stati informati rispetto al tipo di modificazione genetica e che le mele erano state testate, rispetto alla loro sicurezza, prima della commercializzazione.

La reazione dei consumatori non è l’unica preoccupazione per gli sviluppatori di prodotti geneticamente modificati. Uno dei grandi ostacoli è il processo di regolamentazione statunitense, che implica un groviglio complesso di agenzie federali  e un percorso poco chiaro da percorrere.

Bill Freese, analista di scienze politiche presso il Centro per la sicurezza alimentare, di Washington DC chiede che le mele siano chiaramente etichettate come OGM e non che sia presente unicamente un codice sulle borse, rilevabile tramite smartphone.

La Organic Consumers Association (Oca) aveva lanciato nel 2015 una petizione con cui sperava che il Dipartimento dell’Agricoltura negasse l’approvazione della mela OGM. Secondo l’Oca, le manipolazioni genetiche che impediscono l’imbrunimento del frutto, potrebbero provocare danni alla salute umana.

Una volta sui banchi dei supermercati, nessuno potrà distinguere le mele artiche Okanagan dalle altre, della stessa varietà, ma nonOGM. Infatti, negli Stati Uniti non è obbligatorio etichettare i prodotti OGM, anzi le aziende si oppongono fermamente, timorose di perdere quote di mercato. Inoltre, l’approvazione di organismi geneticamente manipolati è molto più semplice, in quanto il sistema americano non prevede, al contrario dell’Europa, il principio di precauzione, ma quello di sostanziale equivalenza. Se un prodotto è nocivo, dunque, lo si può sapere soltanto dopo che è stato immesso sul mercato.

Diversi scienziati, gruppi ambientalisti e consumatori si sono detti preoccupati che i mutamenti genetici possano avere conseguenze indesiderate su insetti, animali ed esseri umani.

D.Z

 

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