COVID-19: LE RESTRIZIONI POTREBBERO CAUSARE CENTINAIA DI MIGLIAIA DI DECESSI PER HIV

L’OMS avverte: I progressi realizzati nella prevenzione della trasmissione dell’HIV da madre a figlio potrebbero essere sovvertiti, con un aumento delle nuove infezioni del 104%

Un modello statistico creato dall’Organizzazione mondiale della Salute (OMS) e dal Programma delle Nazioni Unite per la lotta all’AIDS (UNAIDS) ha stimato che se non verranno fatti sforzi per mitigare le interruzioni dei servizi e delle forniture durante la pandemia di COVID-19, l’Africa sub-sahariana potrebbe osservare oltre 500.000 morti in più per malattie legate all’HIV entro un anno. Solo per avere una stima, nel 2018 circa 470.000 persone sono morte di AIDS in questa regione. Questo modello chiarisce che se le comunità ed i partner di cooperazione non agiscono al piú presto l’orologio del tempo della lotta all’infezione da HIV potrebbe tornare indietro fino al 2008, quando nella regione furono osservati oltre 950.000 decessi per AIDS. Si stima inoltre che tale eccesso di mortalitá continuerebbe per almeno altri cinque anni, con un eccesso medio annuo di decessi del 40%.

Ma il blocco dei servizi potrebbe avere un tremendo impatto anche sull’incidenza dell’HIV nel prossimo anno.

“La storia dell’HIV potrebbe tornare indietro nel tempo” – ha dichiarato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Salute. “Questo dev’essere un campanello d’allarme per i paesi africani per identificare strategie per sostenere tutti i servizi sanitari essenziali”. “Per le persone con infezione da HIV, molte misure importanti sono giá state adottate, come ad esempio autorizzare che le persone possano ricevere trattamenti prolungati ed altri beni essenziali come i kit di auto-test anche nelle zone piú remote, al fine di alleviare la pressione sulla forza lavoro sanitaria”.

Nell’Africa sub-sahariana, si stima che 25,7 milioni di persone vivano con l’HIV e che di queste 16,4 milioni (pari al 64%) stiano assumendo una terapia antiretrovirale (TARV). Queste persone ora rischiano di dover interrompere il trattamento perché i servizi per l’HIV sono stati sospesi o semplicemente non sono in grado di fornire la TARV a causa delle interruzioni nella catena di approvvigionamento o a causa delle misure preventive e curative in atto per supportare la risposta COVID-19.

Quando una persona non è in grado di assumere regolarmente la terapia antiretrovirale, la carica virale del virus aumenta nel sangue, determinando un impatto negativo sulla salute individuale ma anche sul potenziale di trasmissione dell’HIV agli altri. Quando invece il trattamento antiretrovirale viene mantenuto, la carica virale scende a un livello non rilevabile nell’organismo, prevenendo la trasmissione del virus stesso e l’insorgenza della malattie oppotunistiche che spesso conducono il paziente a morte.

La ricerca ha riunito cinque team di statistici che hanno utilizzato diversi modelli matematici per analizzare gli effetti di possibili interruzioni dei servizi di diagnosi, prevenzione e trattamento dell’HIV causati dagli interventi per COVID-19. Ciascun modello ha esaminato il potenziale impatto dell’interruzione della TARV per tre o sei mesi sulla mortalità per AIDS e sull’incidenza dell’HIV nell’Africa subsahariana. Nello scenario peggiore (interruzione di sei mesi) le stime sull’eccesso di decessi per AIDS in un anno variavano da 471.000 a 673.000.
Interruzioni più brevi di tre mesi avrebbero un impatto ridotto ma comunque significativo sulle morti per HIV. Anche interruzioni sporadiche della fornitura di terapia antiretrovirale sarebbero drammatiche, in quanto porterebbero ad una incostante aderenza al trattamento che predispone all’insorgenza alla diffusione della resistenza ai farmaci per HIV, con conseguenze disastrose a lungo termine per il futuro della regione.

L’interruzione dei servizi potrebbe anche cancellare i progressi realizzati nella prevenzione della trasmissione verticale dell’HIV da madre a figlio. Come conseguenza dell’aumento della copertura dei servizi per le madri e i loro bambini nella regione, le nuove infezioni di HIV tra i neonati dell’Africa sub-sahariana sono diminuite del 43%, da 250.000 nel 2010 a 140.000 nel 2018. L’indebolimento di questi servizi per anche solo sei mesi potrebbe far aumentare drasticamente le infezioni nei nuovi nati: fino al 37% in Mozambico, al 78% in Malawi e Zimbabwe, fino al 104% in Uganda.

Le conseguenze significative della pandemia di COVID-19 sulla risposta all’AIDS nell’Africa sub-sahariana che potrebbero determinare un aumento della mortalità includono il sovraccarico delle strutture sanitarie, con diminuite capacitá di visitare i pazienti, la sospensione delle analisi della carica virale, la riduzione dei servizi di counselling e la necessitá di effettuare delle modifiche ai regimi farmacologici antiretrovirali. Ogni modello ha anche tenuto in considerazione in che misura un’interruzione dei servizi di prevenzione, come la circoncisione maschile assistita, la disponibilità di preservativi e la mancanza di test diagnostici, avrebbero un impatto sull’incidenza dell’HIV nella regione.

La ricerca evidenzia la necessità urgente di realizzare sforzi per garantire la continuità dei servizi di prevenzione e trattamento dell’HIV. Sarà importante che i paesi stabiliscano delle priorità nel sostenere le catene di approvvigionamento e nel garantire che le persone già in cura siano in grado di continuare a ricevere le cure adeguate, anche adottando o rafforzando politiche come l’erogazione prolungata della terapia antiretrovirale, al fine di ridurre il numero di accessi alle strutture sanitarie. In Mozambico, ad esempio, chi riceve la terapia antiretrovirale da oltre tre mesi e non presenta complicanze mediche ha ora diritto a ricevere i farmaci trimestralmente invece che mensilmente, mentre viene fortemente incentivata la formazione di gruppi di trattamento, composti da pazienti che vivono nella stessa comunitá e che possono accedere ad i centri di salute in modo alternato, ciascuno ricevendo i farmaci per tutti i componenti del gruppo e provvedendo a distribuirli. Nonostante le indicazioni siano giá state date peró, nei distretti piú periferici la scarsa disponibilitá di grandi quantitativi di farmaci non permette che queste indicazioni vengano messe in atto. “La pandemia di COVID-19 non deve essere una scusa per deviare gli investimenti dall’HIV “, ha dichiarato Winnie Byanyima, direttore esecutivo di UNAIDS. “Esiste il rischio che i profondi progressi della risposta all’AIDS vengano sacrificati nella lotta contro COVID-19, ma il diritto alla salute significa che nessuna malattia deve essere combattuta a spese di un’altra”.

https://www.who.int/news-room/detail/11-05-2020-the-cost-of-inaction-covid-19-related-service-disruptions-could-cause-hundreds-of-thousands-of-extra-deaths-from-hiv

Jewell B, Mudimu E, Stover J, et al for the HIV Modelling consortium, Potential effects of disruption to HIV programmes in sub-Saharan Africa caused by COVID-19: results from multiple models. Pre-print, https://doi.org/10.6084/m9.figshare.12279914.v1, https://doi.org/10.6084/m9.figshare.12279932.v1.

 Alexandra B. Hogan, Britta Jewell, Ellie Sherrard-Smith et al. The potential impact of the COVID-19 epidemic on HIV, TB and malaria in low- and middle-income countries. Imperial College London (01-05-2020). doi: https://doi.org/10.25561/78670.

http://www.misau.gov.mz/index.php/directrizes/Pacote de Serviços para PVHIV no âmbito do COVID-19

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