EPIDEMIE: LA DIFFERENZA DI GENERE C’E’ E VA STUDIATA

E’ molto raro che le politiche e gli sforzi per la salute pubblica affrontino gli impatti che le epidemie hanno sul genere.

La risposta alla pandemia di COVID-19 non sembra diversa. Dallo studio di The Lancet sembra che ad oggi non esista alcuna analisi di genere dell’epidemia da parte di istituzioni o governi. Riconoscere fino a che punto i focolai di malattie colpiscono le donne e gli uomini in modo diverso è un passo fondamentale per comprendere gli effetti primari e secondari di un’emergenza sanitaria su diversi individui e comunità, al fine di creare politiche ed interventi maggiormente mirati, efficaci ed equi.

Sebbene i dati disaggregati per sesso per COVID-19 mostrino finora un numero uguale di casi tra uomini e donne, sembrano esserci differenze di genere nella mortalità e nella vulnerabilità alla malattia. Prove emergenti suggeriscono che la mortalità sia più alta negli uomini che nelle donne, potenzialmente a causa di differenze immunologiche basate sul sesso. Allo stesso tempo, i dati dell’ufficio informazioni del Consiglio di Stato in Cina suggeriscono che oltre il 90% degli operatori sanitari nella provincia di Hubei sono donne, sottolineando la natura di genere della forza lavoro sanitaria e il rischio che devono affrontare prevalentemente le donne che lavorano nel settore sanitario.

L’esperienza delle epidemie passate mostra l’importanza di integrare un’analisi di genere negli sforzi di preparazione e risposta per migliorare l’efficacia degli interventi sanitari e promuovere obiettivi di equità di genere e di salute. Durante l’epidemia del virus Ebola nell’Africa occidentale nel 2014-2016, gli studi di genere hanno indicato che le donne avevano maggiori probabilità di essere infettate dal virus, dato il loro ruolo predominante come curatrici all’interno della famiglia e di operatori sanitari di prima linea. Oltretutto, le risorse per la salute riproduttiva e sessuale sono state deviate verso il contenimento dell’emergenza, contribuendo a un aumento della mortalità materna in una regione con già preesistenti tassi tra più alti del mondo.

Data la loro interazione in prima linea con le comunità, è preoccupante che le donne non siano state completamente integrate nei meccanismi globali di sorveglianza, individuazione e prevenzione della sicurezza sanitaria. Non per ultimo, l’incorporazione delle voci e delle conoscenze delle donne in ambito direzionale e gestionale potrebbe potenziare e migliorare la preparazione e la risposta alle epidemie. Nonostante il Consiglio esecutivo dell’OMS riconosca la necessità di includere le donne nel processo decisionale per la preparazione e la risposta alle epidemie, vi è una rappresentanza inadeguata delle donne negli attuali spazi politici nazionali e globali per il contenimento dell’emergenza COVID-19, come nella Task Force del Coronavirus della Casa Bianca.

Se la risposta a focolai di malattie come COVID-19 deve essere efficace e non riprodurre o perpetuare le disuguaglianze di genere e di salute, è importante che le norme di genere, i ruoli e le relazioni che influenzano la vulnerabilità differenziale delle donne e degli uomini alle infezioni, l’esposizione agli agenti patogeni, e il trattamento ricevuto, nonché il modo in cui questi possono differire tra i diversi gruppi di donne e uomini, siano considerati, studiati e affrontati.

Chiediamo ai governi e alle istituzioni sanitarie globali di considerare gli effetti sul genere dell’epidemia COVID-19, sia diretta che indiretta, e di condurre un’analisi degli impatti di genere delle epidemie, incorporando le voci delle donne in prima linea nella risposta all’emergenza COVID-19.

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