COVID-19: IL PARAGONE CON L’INFLUENZA STAGIONALE? LA RISPOSTA E’ IL “TEMPO”

In tempi normali tutti sono esperti di calcio, con l’epidemia di COVID19 tutti diventano esperti infettivologi ed epidemiologi. Una abituale confusione, anche sui grandi media, è tra tasso di letalità e tasso di mortalità.

Come possono alcuni affermare che COVID19 fa meno morti di una abituale influenza stagionale mentre altri affermano che è molto più letale?

Provo a chiarire.
Se misuriamo il tasso di letalità, ovvero il numero totale di decessi per una determinata malattia in rapporto al numero totale di soggetti affetti da tale malattia, per il COVID19 in Italia sembra essere intorno al 6%; per l’influenza stagionale tale indice è intorno allo 0,1%. In altre parole, non c’è dubbio COVID19 è molto più letale.
Ma se prendiamo il tasso di mortalità, ovvero il rapporto tra il numero delle morti in una determinata area geografica o comunità durante un periodo di tempo e la quantità della popolazione media dello stesso periodo, allora le cose cambiano. Ad oggi in Italia (area geografica) COVID19 ha prodotto circa 1500 morti (peraltro molte morti potrebbero essere dovute ad altre cause, ma essendo risultati positivi al test per il coronavirus in questione, quelle morti “con” coronavirus e non necessariamente “da” coronavirus sono contabilizzate insieme). In una intera stagione, ogni anno si stima che l’influenza uccida circa 7.000 persone in Italia. E’ evidente che nel complesso (fin qui) l’influenza fa più vittime del COVID19.

Ma allora perché ci sono le file di carri funebri davanti ai cimiteri che non riescono a rispondere all’ingente numero di defunti in arrivo morti per COVID19 (che naturalmente si sommano a quelli morti in questo stesso periodo per altre cause)?

La risposta è nel fattore tempo: la mortalità per COVID19 è tutta concentrata in un periodo di poche settimane, quella per influenza su periodi molto più lunghi.
Inoltre, a differenza dell’influenza, nei casi più gravi COVID19 ha un decorso più lento e grave, con gravi sintomi respiratori che richiedono trattamenti intensivi di elevata complessità, che in gran parte salvano i pazienti, ma intanto impegnano massivamente le unità di terapia intensiva.

Ecco dunque spiegata la gravità dell’epidemia. A provocare l’emergenza non è la letalità del coronavirus (peraltro più elevata di quella dell’influenza stagionale e decorso più complicato), ma l’improvviso sovraccarico del Servizio Sanitario Nazionale.

Il Servizio Sanitario Nazionale è da più parti considerato eccellente per garantire con equità assistenza universale di qualità, ma questa emergenza ha messo in evidenza la mancata preparazione alle emergenze massive del nostro SSN, ormai frammentato su venti regioni, indebolito da anni di definanziamento, privatizzazioni e mancato reclutamento di personale, peraltro indisponibile perché gli accessi all’università e alle scuole di specializzazione sono stati anche essi limitati.

Prof. Eduardo Missoni

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