MALARIA: UNA ZANZARA URBANA MINACCIA LE CITTA’ AFRICANE

Un recente studio allarma su una specie di zanzara asiatica, con il potenziale di veicolare e trasmettere il Plasmodium falciparum della malaria.

Con la più alta incidenza di malaria mondiale, oltre il 90% dei casi globali, l’Africa sarebbe il continente maggiormente minacciato, con ulteriori 126 milioni di persone a rischio infettivo.
A differenza delle specie di zanzara già endemiche in Africa, che si sono stabilite in climi caldi e umidi in aree prevalentemente rurali, questa particolare zanzara, l’ Anopheles stephensi, ha fatto la sua comparsa nelle città africane negli ultimi anni.

“Questa zanzara è diversa da qualsiasi altro vettore primario di malaria trovato in Africa: si è adattata benissimo alle aree urbane, mentre le altre specie prediligono le aree rurali”, ha riferito l’Autore principale dello studio, la Dott.ssa Marianne Sinka dell’Università di Oxford.
“Poiché circa il 40% della popolazione africana vive in aree urbane, ciò significa che molte persone attualmente più protette dal loro ambiente, potrebbero essere esposte se la zanzara si dovesse diffondere”.

Dal 2012, si ritiene che focolai di malaria siano stati causati da A. stephensi sono stati segnalati nella città di Gibuti, e recentemente in Etiopia e Sudan. Per prevedere la diffusione della specie in Africa, i ricercatori hanno combinato i dati sulla posizione per A. stephensi attraverso la geografia con modelli spaziali che hanno identificato le condizioni ambientali che trova più favorevoli. I risultati sono stati sorprendenti: si prevede che 44 città africane su 68 sarebbero luoghi “altamente idonei”, sottoponendo circa 126 milioni di persone in più a un rischio maggiore di malaria se la specie dovesse proliferare senza controllo.
Le cause della trasmissione della malaria sono evidenti: i dati mostrano i modelli di utilizzo del suolo, i cambiamenti climatici, la migrazione e l’urbanizzazione. Nel caso di A. stephensi, la migrazione verso le aree urbane, in particolare lungo le rotte di trasporto, sembra essere prioritaria.


“Lo studio evidenzia un potenziale problema piuttosto che un problema reale. Ma cosa dobbiamo fare per impedire che si verifichi questo tipo di scenario? ” ha affermato il professor Chris Drakeley della London School of Hygiene & Tropical Medicine.

Fonte: The Guardian

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *