Già prima della comparsa di Covid-19 il tasso di vaccinazione globale dell’infanzia per difterite-tetano-pertosse, morbillo e polio, era fermo all’86%, ben al di sotto dell’auspicabile 95% dettato dal WHO. I rallentamenti del 2020 legati alla pandemia ora incutono timore per la possibile emergenza di focolai.
Mentre il personale sanitario veniva dirottato verso l’emergenza Covid-19, i lockdown causavano numerose interruzioni dei trasporti e la paura del contagio si diffondeva, cresceva il numero dei bambini che non riuscivano a completare, o perdevano del tutto, la loro routine vaccinale.
Sono di metà luglio le stime del WHO e dell’UNICEF che affermano che sono 23 milioni i bambini nel mondo rimasti fuori dal completamento del ciclo vaccinale, 3.7 milioni in più del 2019.
La vulnerabilità come fattore di rischio
Di questi 23, sono poco più di 17 milioni i cosiddetti “zero dose children” (bambini a dose zero), ovvero coloro che nel 2020 non hanno ricevuto nemmeno una dose di nessun tipo di vaccino, rimanendo quindi completamente scoperti. Spesso questi bambini vivono già in paesi estremamente poveri, in cui l’accesso alle cure era già difficile prima della pandemia, ci sono conflitti in corso o vivono in campi profughi e accampamenti di fortuna.
Le aree più colpite da queste interruzioni sono in particolare quella del Sud-Est Asiatico e del Mediterraneo Orientale. I paesi che hanno visto il maggior numero di bambini senza la vaccinazione DTP-1 (ovvero prima dose di tetano-difteria-pertosse) sono: India, Pakistan e Indonesia.
Anche la regione delle Americhe, invece, a causa della mala informazione, fattori di instabilità e calo dei fondi, ha visto un drastico calo della vaccinazione DTP, con solo l’82% dei bambini coperti in maniera completa. Un dato allarmante se confrontato con il 91% del 2016.
Salute dell’infanzia e salute pubblica
Come purtroppo è ben noto, la battaglia contro Covid-19 non è ancora finita e i cali sopra citati potrebbero causare focolai epidemici (alcuni già in corso) che si andrebbero a sommare alla battaglia sanitaria già in atto.
L’importanza di queste vaccinazioni è evidente: la mortalità del morbillo è particolarmente alta nei bambini sotto i 5 anni, specialmente in paesi con sistemi sanitari fragili, come già Afganistan, Mali, Somalia e Yemen stano sperimentando con l’aumento dei nuovi casi. D’altra parte la polio potrebbe causare disabilità permanenti, totalmente evitabili tramite la vaccinazione. Le frenate di questo ultimo anno hanno dunque riportato il mondo indietro di quasi una decade nei target vaccinali che erano stati raggiunti.
Sono 66 le nazioni che hanno rallentato almeno una campagna vaccinale contro le malattie prevenibili da vaccino, e, sebbene sia intuibile la difficoltà gestionale dei programmi di prevenzione in periodo di pandemia, non ci si possono permettere ulteriori ritardi, sia a livello delle singole nazioni che globale.
Conclusioni
Se già l’accesso alle vaccinazioni di base risulta essere così ineguale su scala globale, la corsa alla vaccinazione anti-Covid aggrava le ineguaglianze.
Solo agendo come “comunità globale” e tramite la prevenzione sarà possibile evitare che altre crisi sanitarie si aggiungano a questo delicato periodo storico.
di Beatrice Santucci
Referenze: