CHAGAS: PERCHÉ DOVREBBE IMPORTARMENE?

La malattia di Chagas: una malattia tropicale?

Secondo Wikipedia, che riprende una definizione del celebre manuale Manson’s Infectious and Tropical Diseases, le malattie tropicali sono malattie prevalenti o uniche delle regioni tropicali o sub-tropicali.

Una di cui forse molti non avranno sentito parlare è la malattia di Chagas, un’infezione causata da un parassita chiamato Trypanosoma cruzi (T. cruzi). Per tanti anni è stata considerata una malattia delle aree povere dell’America Meridionale, dei più indigenti, di chi viveva in condizioni igieniche carenti. Per questo è anche chiamata tripanosomiasi americana. In origine (più di 9000 anni fa), T. cruzi colpiva solo animali selvatici; come abbiamo ormai imparato per molte altre zoonosi, in seguito si diffuse agli animali domestici e agli esseri umani.

Il Dottor Carlos Chagas

La malattia prende il nome dal suo scopritore, il medico brasiliano Carlos Chagas, che per primo diagnosticò l’infezione in un essere umano, una bimba di due anni di nome Berenice, descrivendone le cause ed il meccanismo patogenetico. Chagas scoprì che T. cruzi è principalmente trasmesso attraverso il contatto con le feci o le urine di una piccola cimice, la triatomina, che per sopravvivere si alimenta di piccole quantità di sangue. Al momento del pasto, gli escrementi della triatomina entrano in contatto con l’organismo umano, trasmettendo il parassita. Questo può avvenire anche attraverso il consumo di cibo contaminato, la trasfusione di sangue o derivati o trapianto di organi da donatori infetti, per trasmissione dalla madre infetta al figlio durante la gravidanza o il parto. Negli ultimi anni, si è notato addirittura un aumento dei contagi legati agli apparecchi artigianali per la spremitura della canna da zucchero, che spremono la canna fresca, sulla quale la triatomina alberga, per farne succo come street drink.

Affrontando in modo più approfondito la questione però, è chiaro come ridurre la dimensione dei determinanti della malattia del Chagas a questi eventuali momenti di contagio risulterebbe assai riduttivo.

Una malattia silenziata

Fino ad alcune decadi fa, la malattia di Chagas era limitata alle aree rurali della regione delle Americhe, principalmente in America Latina. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, ci sono 1.124.930 donne tra i 15 ei 44 anni infettate da T. cruzi in America Latina e il rischio complessivo di T.  cruzi nei bambini nati da madri infette è del 5%. A causa della maggiore mobilità della popolazione negli ultimi decenni, molte persone provenienti dalle periferie e dai contesti rurali si sono trasferite nei grandi centri urbani (processo di urbanizzazione) e la malattia ha iniziato ad essere sempre più rilevata nei grandi centri urbani e negli Stati Uniti,  in Canada e in molti paesi europei, così come alcuni Paesi dell’Africa, del Mediterraneo orientale e del Pacifico occidentale. Oggi, 8 milioni di persone sono infette dal Chagas nel Mondo; di queste, oltre 300.000 vivono negli Stati Uniti, mentre in Europa sfiorano i 150.000. Non esattamente zone “tropicali”. L’Italia risulta il secondo Paese europeo a più alta prevalenza, con oltre 12.000 casi. Solo per fare un paragone, più o meno lo stesso numero dei casi di tumore di testa e collo.

Oltre alla prevalenza, il dato allarmante è che in media solamente
1 persona su 100 positive riceve una diagnosi di Chagas nel corso della vita, e quindi, arriva a ricevere una cura. L’infezione acuta da Tripanosoma Cruzi non è così semplice da diagnosticare poiché è seguita da un periodo di latenza imprevedibile e molto lungo, che può restare asintomatico; nel 30% dei pazienti progredisce verso la malattia cronica, che generalmente colpisce il cuore e il tratto gastrointestinale causando un ingrossamento patologico dell’organo, che determina aritmie cardiache, ingrossamento del cuore, ingrossamento di fegato e milza. Può anche colpire il sistema nervoso centrale, determinando una grave meningoencefalite. I bambini piccoli hanno maggiori probabilità di manifestare sintomi rispetto agli adulti: febbre, edema, ingrossamento dei linfonodi.

Se da un lato le azioni di controllo del vettore e di screening mirato del sangue per le trasfusioni, oltre al miglioramento delle condizioni abitative di una parte della popolazione, abbiano generato una progressiva diminuzione del contagio nei Paesi classicamente endemici, in molti altri Paesi si è assistito ad un drammatico aumento dei casi, elevando il Chagas come ad un problema di salute globale. Oltre ad USA ed Europa infatti, Canada, Australia e Giappone hanno dovuto mettere in campo estese azioni di diagnosi e controllo della malattia.

World Health Organization

I determinanti sociali del Chagas

L e case del Chagas sono le tantissime abitazioni rurali, fatte prevalentemente di sabbia, assi di legno e rami intrecciati, in cui le scarse condizioni igieniche aumentano la probabilità di incontrare i vettori del parassita. E’ indubbiamente vero che la disinfestazione del vettore, il miglioramento delle murature e degli infissi,la donazione di presidi per la prevenzione (zanzariere e insetticidi), così come il miglioramento delle pratiche igieniche nella preparazione, trasporto, conservazione e consumo degli alimenti, siano strumenti essenziali ai fini del controllo endemico del parassita.

Guardando oltre le mura dell’apparenza, capiamo che il Chagas in tutto il mondo si diffonde soprattutto per la mancanza di screening dei donatori di sangue, la mancanza di programmi educativi per dare al maggior numero di persone informazione e conoscenza della malattia, le limitate opportunità di accedere ai servizi sanitari e alla conseguente assistenza specifica (rilevamento, diagnosi, trattamento, riabilitazione e monitoraggio), soprattutto per le donne in gravidanza, la mancata cooperazione e sinergia da parte delle istituzioni governative, delle organizzazioni della società civile, delle agenzie di cooperazione internazionale ai fini della prevenzione, gestione e controllo di questa malattia. Oltre a tutto ciò, i mancanti finanziamenti per la formazione degli operatori sanitari ai fini di facilitare la diagnosi e l’assistenza sanitaria dedicata, la mancanza di soluzioni (mediatori culturali) per superare le barriere linguistiche e culturali dei gruppi di migranti, quando questi si trovano in Paesi diversi da quelli di origine, sono elementi imprescindibili per capire la dimensione del problema.

Complessivamente quindi, la mancanza di formazione del personale sanitario su questo tema specifico, la non presenza di programmi di screening mirato per le donne in gravidanza e le donazioni di sangue e organi, oltre alle barriere socio-culturali e linguistiche che la maggior parte dei pazienti, sono tra le principali sfide che i Paesi non-endemici stanno affrontando. Se li analizziamo bene, tutti questi aspetti possono essere applicati perfettamente ai nostri sistemi sanitari e nella nostra società. Ha senso farlo? Chiediamolo ai numeri.

Perché dovrebbe importarci del Chagas?

Perché non è una malattia così lontana dal nostro mondo come noi crediamo.

Se il Chagas risponde perfettamente alla definizione classica di malattia tropicale, per la provenienza tipica dalle aree rurali dell’America Meridionale, non lo è più così tanto per il suo secondo aspetto epidemiologico, ovvero quello di essere una malattia dei più indigenti.

In un mondo sempre più globalizzato, l’infezione è diventata una sfida di salute pubblica anche nei paesi occidentali, compresa l’Italia perché qui vive una significativa popolazione di migranti di prima generazione proveniente da aree endemiche, per cui vige la necessità di garantire loro un accesso a programmi di screening e trattamento.
E’ giunto il momento che i sistemi sanitari delle aree non endemiche siano sensibilizzati e pronti alle necessità di salute di una popolazione diversificata per fattori di rischio.

Perché nessuna malattia va dimenticata.

Nel 2005, l’Organizzazione mondiale della sanità ha riconosciuto la malattia di Chagas tra le malattie trascurate. Per questo, nel maggio 2019, in conformità con la decisione della 72a Assemblea mondiale della sanità, è stata istituita la Giornata mondiale della malattia di Chagas per la sua celebrazione il 14 aprile (il giorno del 1909 in cui Carlos Chagas diagnosticò il primo caso umano della malattia, una bambina di due anni di nome Berenice). Nel 2013 è nata a Bergamo l’Associazione Italiana per la Lotta alla Malattia di Chagas, AILMAC Onlus.

Perché insieme si può fare tanto.

Ci sono progressi riguardo al Chagas che sono stati resi possibili grazie al forte impegno degli Stati membri colpiti dalla malattia e alla forza delle loro istituzioni di ricerca e controllo, insieme al sostegno di molti partner internazionali.

Il rischio di trasmissione tramite trasfusioni di sangue è infatti notevolmente diminuito grazie allo screening universale in tutte le banche del sangue dei paesi dell’America Latina e nella maggior parte di quelli in Europa e nel Pacifico occidentale che soffrono della malattia.

Questo ha reso più facile il riconoscimento della malattia sulla scena internazionale e l’inizio della lotta alla disinformazione, alla mancanza di domanda sociale e al debole impegno politico per risolvere i problemi legati al Chagas, nonché l’insufficiente ricerca e sviluppo scientifico.

Correlati ad esso con prevenzione, rilevamento e assistenza globale, compresa la diagnosi, il trattamento, la presentazione di farmaci, gli aspetti sociali e gli strumenti di informazione, educazione e comunicazione.

Mai come quest’anno abbiamo capito che in una stessa società ed in uno stesso ambiente, quando una malattia colpisce qualcuno, colpisce tutti.

La storia del Chagas ci ricorda la necessità e l’opportunità di impegnarci nel combattere le cause di malattia secondo un ordine di priorità e di giustizia sociale.

di Carlo Cerini e Tatiana Pedrazzi

Bibliografia e sitografia

Jeremy Farrar, Peter J Hotez, Thomas Junghanss, Gagandeep Kang, David Lalloo e Nicholas White, Manson’s tropical diseases., New, Philadelphia, Saunders [Imprint], 2013,ISBN9780702051012

Chagas disease as example of a reemerging parasite. Jeannette Guarner. Seminars in Diagnostic Pathology 36 (2019) 164–169. https://doi.org/10.1053/j.semdp.2019.04.008

Lidani KCF, Andrade FA, Bavia L, Damasceno FS, Beltrame MH, Messias-Reason IJ and Sandri TL (2019) Chagas Disease: From Discovery to a Worldwide Health Problem. Front. Public Health 7:166. doi: 10.3389/fpubh.2019.00166.

One Reply to “CHAGAS: PERCHÉ DOVREBBE IMPORTARMENE?”

  1. Il tempo ci dà conferme concrete per quanto riguarda il nn dimenticare nessuna malattia perché si pensava di avere ,almeno in alcune zone ,debellato malattie come vaiolo ,malaria invece si stanno ripresentando

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