COME IL COVID-19 HA AMPLIFICATO LA DIFFUSIONE DI ALTRE MALATTIE

Le campagne per combattere la tubercolosi, il morbillo e la poliomielite sono state tutte rallentate

“Siamo davanti ad una potenziale calamità” dice Peter Sands, direttore esecutivo della Global Fund to Fight AIDS, Tuberculosis and Malaria.

La pandemia di COVID-19 ha interrotto la prevenzione e il trattamento di una serie di altre malattie.

Mentre i paesi sono entrati in lockdown lo scorso anno, le campagne di vaccinazione per il morbillo, la poliomielite, la meningite e altre patologie sono state interrotte. Molte delle strutture dedicate sono state chiusi e molti operatori sanitari sono stati ridistribuiti per combattere la pandemia. Le forniture dei farmaci essenziali e dei dispositivi medici sono state ritardate, e sono state meno le persone che richiedono cure presso le cliniche per paura di contrarre il COVID-19.

A più di un anno dall’inizio della pandemia, gli analisti stanno cercando di valutare l’impatto che il COVID-19 ha avuto sulle altre malattie, in gran parte sfuggite dall’attenzione pubblica. Per molte patologie è troppo presto per vedere la diretta crescita dell’infezione e dei decessi correlati, quindi è necessario per ora fare affidamento a misure indirette- come per esempio il numero di bambini che non sono vaccinati o le mancate diagnosi. I dati ci dicono che gli effetti a catena ancora non conosciuti derivati della pandemia sono maggiori rispetto a quelli causati direttamente dal COVID-19 stesso e che persisteranno per lungo tempo anche quando la pandemia sarà finita.

Le reazioni a catena che COVID-19 provocherà si vedranno in tutto il mondo, ma gli effetti maggiori si troveranno soprattutto nei paesi più vulnerabili.

Sono maggiormente tre le malattie che subiranno l’impatto:

  1. Tubercolosi, il più grande killer tra tutte le malattie infettive a livello globale;
  2. Morbillo, uno dei virus più contagiosi che si conoscano;
  3. Poliomielite, l’unico virus attualmente eradicato, il quale però sta attecchendo in alcune parti del mondo.

La lotta alla tubercolosi retrocede

L’anno scorso, il COVID-19 ha superato la Tubercolosi (TB) come malattia infettiva che ha causato il maggior numero di decessi a livello globale, ma in realtà nei paesi a basso e medio reddito, la TB è ancora tra le principali cause di mortalità.

Causata da un batterio (Mycobacterium tuberculosis), la TB è una malattia che colpisce i polmoni ed uccide le sue vittime lentamente, spesso anni dopo l’inizio dell’infezione.

Circa 2 miliardi di persone in tutto il mondo hanno un’infezione latente di TB in cui il loro sistema immunitario controlla il batterio; stime indicano che il 5-10% di questi individui svilupperà la forma attiva della TB nel corso della loro vita.

Per affrontare la tubercolosi, i medici devono diagnosticarla e successivamente trattarla con una terapia farmacologica che dura circa 6-9 mesi e che può estendersi a 2 anni per i ceppi resistenti ai farmaci.

La TB causa ancora 1,4 milioni di decessi ogni anno.

Dopo che l’India è entrata in lockdown nel marzo 2020, il numero dei nuovi casi di TB che sono stati rilevati sono diminuiti di un allarmante 70% in un mese. “Ci ha spaventati” dice Lucica Ditiu, direttore esecutivo della “Stop TB Partnership”, un’organizzazione di Ginevra, Svizzera, creata per aiutare a combattere la TB. Ditiu era preoccupata perché il calo di casi in India era dovuto ad una mancanza di diagnosi e trattamento poiché molti paesi hanno deviato le proprie risorse mediche per trattare il COVID-19.

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha allarmato che il numero di persone che ricevono il trattamento per la TB a livello globale è diminuito di oltre un milione, riportando così la lotta contro la malattia indietro di un decennio o anche più. Secondo l’OMS si stima che 500.000 persone in più sono morte per la TB lo scorso anno. Durante il lockdown le persone con TB hanno avuto difficoltà a raggiungere le cliniche per la diagnosi o per ritirare i farmaci, riportando il 21% in meno delle persone ha ricevuto cure per rispetto al 2019. Ditiu e Harsh Vardhan (ministro della salute indiano) affermano che sebbene l’India abbia attuato un programma aggressivo per riguadagnare il terreno perduto nella lotta alla TB, il numero di casi rilevati rimane inferiore al 12% rispetto al pre-COVID.

In India, il programma nazionale per la tubercolosi ha iniziato a fornire alle persone malate un mese di scorte di farmaci, per evitare che debbano fare frequenti viaggi in clinica. Le visite vengono effettuate tramite video (VOT), questo per poter controllare che i pazienti si attengano al trattamento. Alcuni centri per la TB stanno testando in simultanea la presenza sia di COVID-19 che di TB. Il paese si sta muovendo per cercare i casi attivi entrando nella comunità per identificare le persone infette, invece di aspettare che cerchino passivamente assistenza.

Ma la realizzazione di programmi simili è difficile da implementare, soprattutto in paesi con sistemi sanitari pubblici che sono già altamente stressati.

La minaccia del morbillo

Il virus del morbillo è estremamente contagioso e può causare diarrea, perdita della vista e dell’udito, polmoniti ed encefaliti, che se acquisito in stato di malnutrizione, uccide il 3-6% di persone che si infettano nei paesi a basso e medio reddito.

Prima della pandemia da coronavirus, i casi globali di morbillo erano aumentati vertiginosamente a quasi 870.000 nel 2019, con un aumento di morti di 210.000, soprattutto bambini, diventando il livello più alto mai visto degli ultimi decenni.

Quindi nel marzo del 2020, quando l’OMS ha parlato con le nazioni per sospendere temporaneamente tutte le campagne di vaccinazione di massa è stata certamente una decisione complessa. Successivamente nel mese di maggio l’OMS, ha emesso delle linee guida per riprendere in sicurezza le vaccinazioni, ma ad oggi 24 paesi non hanno ancora aderito.

Per ora, i casi globali di morbillo rimangono ancora bassi, o sottostimati: nel 2020 erano scesi a circa 89.000. Il blocco della sorveglianza potrebbe spiegare parte di questo calo. Ma un altro fattore importante è che il lockdown dovuto al COVID-19, le restrizioni nei viaggi e le distanze fisiche hanno ridotto il contatto della popolazione diminuendo così anche la diffusione del virus del morbillo. Gli esperti temono però che questa sia solo la calma prima della tempesta. Man mano che le restrizioni di COVID-19 si attenueranno, il virus del morbillo riprenderà a circolare.

Per stimolare i paesi all’azione, OMS e il Centro di controllo e prevenzione delle malattie (CDC) hanno preparato delle valutazioni dei rischi per i paesi afflitti da ricorrenti epidemie di morbillo, focalizzandosi particolarmente sull’Africa. L’Etiopia, il secondo paese più popoloso dell’Africa, ha trovato un modo per continuare la campagna vaccinale anche durante la pandemia. Solo il 60% dei bambini aveva infatti ricevuto le vaccinazioni di routine e l’ultima campagna di vaccinazione di massa per il morbillo era stata condotta nel 2017. Le proiezioni suggerivano che sarebbero morti migliaia di bambini a causa del morbillo nel 2020 e 2021 se il paese non avesse agito. Nel luglio dell’anno scorso, però sono stati equipaggiati quasi 395.000 mascherine, più di 340.000 flaconi di disinfettante per le mani e nuovi protocolli per garantire l’allontanamento fisico, i vaccinatori si sono così diffusi a ventaglio in tutto il paese, raggiungendo 14,5 milioni di bambini, oltre il 95% della popolazione target. L’Etiopia è stato il primo grande paese che ha condotto una campagna vaccinale nell’attuale pandemia e le organizzazioni internazionali sperano di usare questo modello anche per il resto del mondo.
Si teme che soprattutto Guinea, Gabon, Angola e Kenya dovranno affrontare gravi epidemie se non condurranno campagne vaccinali entro la metà dell’anno.

La poliomielite è ancora una priorità

La spinta che per tre decenni ha guidato l’eradicazione della poliomielite stava rallentando ancora prima dell’inizio del COVID-19, e la pandemia non ha fatto altro che peggiorare la situazione.

Nel 2019 e nel 2020, i casi di poliovirus wild sono aumentati in Pakistan e Afghanistan, gli ultimi due paesi dove risulta ancora endemico. Sebbene la maggior parte dell’Africa sia libera dal poliovirus wild, i ceppi di polio derivati dai vaccini stanno imperversando: questi emergono in rari casi quando il virus vivo ed indebolito utilizzato nel vaccino antipolio orale muta in un ceppo che può diffondersi in comunità sotto-immunizzate e riguadagnare così la sua capacità di contagio. Nel 2020, casi di paralisi causati sia da ceppi wild che da ceppi derivati dal vaccino sono 1.216, rispetto a 554 nel 2019.

Nel marzo dello scorso anno, la Global Polio Eradication Initiative (GPEI), a Ginevra ha chiesto una pausa nelle campagne di vaccinazione a causa del COVID-19, più di 60 campagne in 28 paesi sono state così rimandate. Studi dell’Imperial College di Londra hanno previsto che i casi di polio potrebbero aumentare in modo esponenziale se le campagne di vaccinazione non vengono riprese velocemente.

In Pakistan e Afghanistan, il poliovirus wild ha ampliato la sua portata, diffondendosi da serbatoi noti ad aree precedentemente polio free. Allo stesso tempo, i casi di paralisi causati dal ceppo del vaccino sono aumentati da 22 nel 2019 a 135 nel 2020 in Pakistan, e c’è stato “un salto del ceppo” verso i confini con l’Afghanistan, causando la paralisi di 308 bambini nel 2020. In Africa, i ceppi derivati dal vaccino si diffondono senza alcuna risposta, afferma Pascal Mkanda, coordinatore per l’eradicazione della polio in Africa, nell’OMS. I casi sono passati da 328 nel 2019 a più di 500 nel 2020, poiché il virus ha passato il continente, colpendo 6 nuovi paesi per un totale di 18.

È difficile capire esattamente quanto fosse inevitabile il picco attuale, vista la diffusione del virus già nel 2019, ma la pausa causata dal COVID “ha dato assolutamente l’opportunità alla diffusione del virus” afferma Michel Zaffran, ex capo del GPEI. In Africa, che ha avuto campagne lente e di scarsa qualità che non sono riuscite a raggiungere un numero sufficiente di bambini, il GPEI sta ora schierando un team di risposta rapida per agire non appena viene rilevato un ceppo poliovirus derivato dal vaccino. Il GPEI deve anche affrontare i problemi che hanno fatto deragliare lo sforzo di eradicazione prima del COVID-19.

In Pakistan e Afghanistan, le principali sfide osservate includono misinformazione riguardo la sicurezza dei vaccini, il rifiuto dei vaccini stessi, l’uccisione di lavoratori dedicati alle campagne vaccinale, e, in Afghanistan, un blocco talebano sulle vaccinazioni antipolio che ha lasciato circa 3,3 milioni di bambini scoperti. In Africa, la situazione è stata complicata da voci infondate secondo cui i vaccinatori antipolio stanno usando bambini africani come cavie per testare i vaccini COVID-19. Tuttavia, sia Jafari che Mkanda affermano che le campagne hanno portato a un calo dei casi negli ultimi mesi; ora bisogna impedire un ritorno nella prossima stagione di punta.

Ad oggi, l’attenzione e gli sforzi internazionali sono focalizzati sul COVID-19 a scapito di vecchie lotte – ma pur sempre attuali – come il morbillo, la poliomielite e la tubercolosi. Scienziati e sostenitori parlano con ottimismo di “ricostruire meglio”, perché le morti e le infezioni causate da queste malattie erano troppo alte anche prima che arrivasse il COVID-19.

Ma con il corso incerto della pandemia e il lancio del vaccino COVID-19 solo all’inizio, rendono la programmazione e l’implementazione di altri interventi una sfida globale.

Fonte: Nature

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