Archiviata la sfida elettorale, gli Stati Uniti si apprestano a ripensare al futuro della nazione.
Tuttavia, nonostante il cambio di presidenza, l’eredità politica di Trump rimarrà come un’ombra e graverà sull’ amministrazione Biden.
Infatti, negli scorsi quattro anni, gli equilibri esterni e interni degli USA sono drasticamente mutati in seguito a sconvolgimenti istituzionali ed economici con partner internazionali e a profonde crisi interne sul piano sociale.
Anche il mondo scientifico e la sanità sono stati duramente condizionati dalla politica: Trump, minando la credibilità della scienza e delle istituzioni, ha ritrattato ogni tipo di impegno nel campo ambientale negando la crisi climatica e, non per ultimo ha svilito la portata della pandemia da SARS-CoV-2, acuendone enormemente gli effetti sulla popolazione.
Per questo motivo proviamo a discutere gli effetti di alcune delle decisioni politiche che hanno stravolto e ridefinito i canoni operativi della presidenza degli USA, cercando di identificare quali saranno le conseguenze sulla salute pubblica, e sulla fiducia nell’integrità scientifica.
Il criticismo di Trump verso la scienza è iniziato durante la sua prima campagna elettorale quando ha definito il riscaldamento globale “una bufala” e ha giurato di ritirare la nazione dall’accordo sul clima di Parigi del 2015. Dopo il trasferimento alla Casa Bianca, la presidenza Trump ha fatto marcia indietro sugli accordi per frenare le emissioni di gas a effetto serra, sulle regolamentazioni per limitare l’inquinamento atmosferico e indebolito il ruolo dell’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente (EPA). “Sono stato eletto per rappresentare i cittadini di Pittsburgh, non di Parigi”, ha dichiarato Trump, sostenendo che l’accordo imponeva restrizioni energetiche che costavano posti di lavoro e ostacolavano l’economia del paese.
Un messaggio relativamente miope di fronte all’urgenza di affrontare la crisi climatica.
Eventi meteorologici estremi come inondazioni, uragani, siccità e caldo torrido sono complessivamente raddoppiati dal 1990. Gli eventi climatici improvvisi perturbano la produzione alimentare e l’accesso al cibo per le famiglie che vivono nelle aree rurali rischiando di bloccare la produzione dell’intera catena di approvvigionamento. Sempre più spesso, l’imprevedibilità del cambiamento climatico costringe le famiglie ad abbandonare le proprie aziende agricole e a trasferirsi nelle aree urbane, dove la maggior parte dei prodotti alimentari facilmente accessibili sono quelli trasformati e ultra-processati. Questo ciclo vizioso non fa altro che alimentare i fattori predisponenti proprio al cambiamento climatico, poiché i sistemi alimentari industriali sono tra i principali responsabili di quasi un terzo delle emissioni di gas serra.
Il riscaldamento globale ha un significativo impatto anche sulla salute. Negli ultimi decenni è stato registrato un forte aumento delle malattie non trasmissibili (NCDs), soprattutto patologie di interesse respiratorio e cardiovascolare, strettamente correlate all’inquinamento atmosferico che ormai è riconosciuto tra i fattori determinanti di salute. Per contrastare tale fenomeno, è necessaria e oltremodo indispensabile un’azione politica globale che sia forte e coesa. Il cambiamento climatico è a tutti gli effetti un determinate di salute ed il rischio di ammalarsi continua ad aumentare nelle popolazioni che hanno una politica debole e disinteressata.
L’evento della pandemia ha ulteriormente mostrato le conseguenze pericolose di un parere scientifico ignorato e negato. Trump ha più volte e pubblicamente diffuso messaggi in cui sottostimava il pericolo rappresentato dall’attuale pandemia di SARS-CoV-2, dichiarando che il virus “con il rialzo delle temperature sarebbe scomparso”, che fosse “come un’influenza” o come “un’infezione molto blanda”. Piuttosto che attivare risorse a livello federale per contenere il virus mettendo a disposizione test su larga scala e organizzando un sistema di tracciamento dei contatti, l’amministrazione Trump ha delegato ogni tipo di intervento ai governatori di città e Stati, i quali, in assenza di coordinamento politico e sufficienti risorse, non sono stati in grado di contenere la diffusione. Nel giro di un mese, il numero di decessi per il coronavirus degli Stati Uniti ha superato i 21.000, con la pandemia in piena espansione che uccideva circa 2.000 americani ogni giorno. I modelli elaborati da un gruppo di studio della Columbia stimano che se le misure di lockdown fossero state decise due settimane prima, si sarebbe potuta ridurre l’esplosione esponenziale iniziale dei casi e si sarebbe guadagnato tempo per effettuare i test e affrontare l’epidemia con programmi mirati per la ricerca di contatti, salvando migliaia di vite umane. Infine, screditando le realtà internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, Trump ha indebolito la capacità dell’America di rispondere a crisi globali, e isolato la scienza dal paese.
In decine di interviste realizzate da Nature, i ricercatori hanno evidenziato questo punto come particolarmente preoccupante perché svaluta la fiducia pubblica nell’importanza della verità e delle prove, che sono alla base della scienza e della democrazia.
Negli ultimi quattro anni, la politica americana ha profuso costantemente sentimenti individualistici e divisori, gettando diffidenza su tutti i beni pubblici e sociali. La questione delle politiche climatiche e della gestione della pandemia sono diventate campagne ideologiche portate avanti dal presidente Trump per difendere la vita economica del paese e la “libertà” del singolo, senza valutare minimamente l’impatto che scelte fatte senza ottica di beneficio pubblico potessero comunque gravare sul sistema sociale ed economico del paese.
Questa logica si manifesta anche nella struttura del sistema sanitario statunitense che si fonda infatti sull’assunto che la salute è una responsabilità individuale del cittadino, distorcendo ulteriormente la visione della sanità e di tutela della salute e minando la fiducia dei cittadini statunitensi verso quello che è considerato un diritto fondamentale dell’individuo, che dovrebbe essere garantito dallo Stato.
In questo habitat, non è un caso che la pandemia abbia cavalcato l’onda e abbia portato a galla tutte le vulnerabilità del sistema sanitario statunitense. Sistemi sanitari deboli sono incapaci di rispondere ai bisogni delle popolazioni e la pandemia ha solo evidenziato ciò che per anni è stato considerato non prioritario: per tutelare la salute e gli interessi pubblici bisogna agire pensando con una logica collettiva e di appartenenza ad un gruppo e non solo alle responsabilità che come singoli individui abbiamo.
Nell’ultimo anno, in cui la pandemia ha agito da catalizzatrice, le marcate disuguaglianze socioeconomiche, demografiche e geografiche si sono manifestate nella loro integrità e hanno rivelato la profonda vulnerabilità degli Stati Uniti, come di altri paesi, da un punto di vista politico, sociale, e sanitario, dimostrando ancora una volta quanto il contesto politico e sociale sia strettamente connesso a quello sanitario e viceversa. La fiducia pubblica nella voce della comunità scientifica è stata compromessa, così come il suo ruolo nel panorama internazionale e all’alba di una nuova presidenza, tutto ciò costituirà una maggiore sfida per il prossimo futuro.
Chiara Bigazzi, Marta Lettieri