HIV: LA SILENZIOSA LOTTA DELLE PROSTITUTE INDIANE

L’India è il secondo paese più densamente popolato al mondo, un crogiolo di migliaia sfumature e sfaccettature. Nonostante sia tra le potenze mondiali a più rapida crescita, permangono importanti criticità.

Nella prima decade degli anni 2000, l’India era tra i paesi a più alto tasso di infezione da HIV.
Ogni giorno circa 1.000 persone entravano in contatto con il virus.
Gli esperti predissero che entro il 2010, l’India avrebbe conosciuto fino a 25 milioni di casi di AIDS.

A guidare la popolazione indiana lontana dal suo destino apparentemente ineluttabile, è stato Beating Aids, la più grande vittoria di salute pubblica del paese.
Ashok Alexander ha trascorso un decennio alla guida della campagna contro l’HIV della Bill & Melinda Gates Foundation, denominata Avahan. Nel suo libro, A Stranger Truth: Lessons in Love, Leadership e Courage of India’s Sex Workers, afferma che il miracolo non sarebbe mai avvenuto senza la collaborazione di un protagonista che è rimasto per troppo tempo senza lode: le prostitute locali.

La prostituzione, sia femminile che maschile, è molto diffusa in tutta l’India. L’Human Rights Watch ha riportato che almeno 20 milioni di persone lavorano nel mercato del sesso indiano, con Mumbai che da sola ne conta più di 200 mila.

L’industria del sesso si svolgeva in strada, nei parchi, alle fermate degli autobus e dei camion.
Il fatto che le prostitute fossero disperse, in movimento e faticosamente rintracciabili, rappresentava una prima grande sfida per il programma.
Un altro ostacolo era rappresentato dalla concezione fatalistica della vita in India.
La povertà, la fame, l’impotenza e la mancanza di scelta e opportunità delle donne lavoratrici del sesso rendeva misero, ipotetico e insignificante il rischio di poter contrarre una malattia mortale da rapporti sessuali non protetti rispetto alla brutale realtà della sopravvivenza quotidiana.
“Mi stai dicendo che se avrò l’HIV morirò tra 10 anni. Ma signore, 10 anni sono una vita per me. Ho altre cose più serie di cui preoccuparmi ora “, ha detto Theny, una prostituta di strada di 25 anni, come riporta l’articolo del The Guardian.

Nonostante queste prime difficoltà, Avahan ha aperto i primi centri Drop-in, dove ogni donna aveva garantito il diritto di rilassarsi, fare una doccia calda, in un posto sicuro lontano dalla violenza dei “datori di lavoro”. Nei centri era possibile eseguire test per la diagnosi delle malattie veneree, senza paura di essere identificate e stigmatizzate. Per chi voleva, si fornivano informazioni, supporto e preservativi.
In questo angolo sicuro e confortevole, le donne hanno avuto l’occasione di conoscersi, di raggrupparsi, di ritrovarsi e di aiutarsi.

Grazie alla resilienza e alla coraggiosa tenacia delle prostitute, che da prime hanno compreso l’importanza della prevenzione e che da sole si sono date voce per aiutare altre donne, Avahan ha aperto i suoi centri in 550 città indiane in soli 2 anni.
Tutto ciò che Alexander ha dovuto fare, come spiega nel suo libro, è stato sfruttare “la forza insita delle persone più emarginate messe nella possibilità di riunirsi per una causa comune“.

Al culmine delle attività, Avahan fornivana servizi di prevenzione per l’HIV a più di 270.000 lavoratori del sesso, in 672 città e distribuendo oltre 13 milioni di preservativi al mese. Il programma, che è costato $ 375 milioni, è considerato come protagonista fondamentale nella successiva riduzione del tasso di HIV in India.

Oggi, contro il tragico pronostico sull’India, 2.1 milioni di indiani vivono con l’HIV. La prevalenza dell’HIV è dello 0,22%, inferiore a quella degli Stati Uniti.

La ragione per cui le lavoratrici del sesso in India non sono mai state elogiate per il loro contributo a questo risultato, dice Alexander, è che questa era una storia di successo che nessuno voleva scrivere: “Il loro contributo disinteressato non sarà mai riconosciuto a causa dello stigma che circonda tutt’ora questa malattia”.

 

B.F.

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