Riprendendo un enfatico comunicato del Ministero della Sanità del Perù, La Stampa del 2 maggio titolava “Perù, i sanitari scalano per 3 ore le Ande per vaccinare uomo di 121 anni”. Lo hanno raggiunto in una delle tre case di Cormilla (potete cercarle con Google Map e scoprire come siano lontane da ogni altro centro abitato!). Marcelino Abad, conosciuto con il soprannome di “Mashico” è il cittadino più longevo della regione di Huanuco, ai piedi dalla meravigliosa Cordillera de Huascaràn, con le cime più belle delle Ande, tra cui la perfetta piramide dell’Alpamayo.
Il 30 settembre la rivista Internazionale riferiva del viaggio dei sanitari locali per portare i congelatori per i vaccini a un’altra comunità andina, Mollebamba. Quindici ore a piedi lungo un sentiero impervio, largo meno di un metro: da un lato la parete rocciosa, dall’altro l’abisso e sotto il fiume, per raggiungere il villaggio andino: in tutto quaranta adulti con più di sessant’anni. “La prima persona a vaccinarsi è stata una donna di 95 anni” racconta il giornale.
Sembrerebbero atti eroici, ma mentre celebriamo la generosità e l’impegno civico dei sanitari coinvolti, dovremmo riflettere sul senso di queste iniziative e soprattutto sul risalto che danno loro i media.
Alla loro nascita “Mashico” e la più giovane 95enne di Mollebamba avevano di fronte a sé una speranza di vita inferiore ai 35 anni (in Perù a livello nazionale) probabilmente minore in quelle isolate comunità andine intorno ai 3000 di altitudine. Invece, entrambi sono sopravvissuti in condizioni certamente estreme e superando ogni sorta di malattie infettive e rischi mortali fin dalla nascita, raggiungendo ragguardevoli età.
È su questo forse che un approfondito bilancio di rischio-beneficio della vaccinazione anti Covid-19 andrebbe fatto. Quale reale probabilità hanno questi due anziani di incontrare il Sars-CoV-2? Quale reale rischio o beneficio ha quindi il vaccino in questa circostanza? Il loro sistema immunitario è certamente più potente di qualsiasi vaccino. Certamente i due vecchietti, alla loro età, nelle isolate comunità in cui vivono rischiano di più di morire per gli effetti collaterali del vaccino che a causa di una infezione da Sars-Cov-2. La stessa rivista Internazionale riporta l’assenza di casi gravi o decessi per COVID-19. Il virus difficilmente avrebbe raggiunto quelle comunità montane e, per chi conosce la vita di quei luoghi, sono almeno improbabili gli assembramenti in luoghi chiusi che ne possano aver favorito la diffusione. Paradossalmente, queste eroiche missioni sanitarie potrebbero essere il veicolo del contagio portando il virus là dove non è ancora arrivato. Lassù dove spesso non è arrivata ancora nemmeno l’acqua corrente o la luce elettrica e l’unica immunità di gregge è quella dei lama, perché l’altra di cui tutti parlano – in Italia e nel mondo – è un mito, semplicemente non applicabile ad un virus a trasmissione respiratoria di origine zoonotica.
Sappiamo che gli anziani, soprattutto con comorbidità costituiscono il gruppo di popolazione a maggior rischio giustificandone la vaccinazione dal punto di vista epidemiologico. Ma anche in questo caso sarebbe indispensabile una valutazione caso per caso delle priorità, tenuto conto della geografia, della demografia, delle condizioni individuali e del rischio specifico.
A noi arriva la fotografia dell’atto vaccinale, dove, per la foto, Mashico si è dovuto mettere la mascherina, probabilmente per la prima volta, e si è fatto inoculare solo per dare soddisfazione ai sanitari che devono essere arrivati esausti lassù. Ci sarebbe anche da chiedersi cosa gli abbiano detto per giustificare l’inoculazione, e se Mashico ne avesse veramente compreso le finalità. Forse: “Se non ti vaccini puoi morire di Covid-19!” Al ché il vecchio andino, sorridendo sornione sotto la mascherina, potrebbe aver pensato: “se non mi ammazza questa iniezione”.
Eduardo Missoni
Foto: MINSA, Perù